Riceviamo e pubblichiamo il post pubblicato da Marco Gubbini sul suo blog, in cui dà le dimissioni da addetto stampa del Gualdo Casacastalda.
Tutto finisce, o quasi. Oggi termina ufficialmente un’avventura iniziata nel 1998, quando furono pubblicate le prime righe su gualdocalcio.it. Da lì a diventare addetto stampa di anni ne passarono altri sei. In mezzo, montagne di fotografie, articoli, pagelle, interviste, programmi televisivi e tanti tanti chilometri.
Oggi ho ufficialmente dato le dimissioni da un mondo che mi ha regalato tanto e a cui io ho dato una fetta importante della mia vita. Sia come addetto stampa, ma anche come dirigente accompagnatore. Panchine, fango, pioggia, chilometri, cabine stampa “simil pollai”, ma anche quelle di stadi importanti. Una fetta di vita le cui domeniche sono magicamente scomparse dal calendario prezioso della famiglia per seguire quello calcistico.
Non è la recente retrocessione, che mi ha fatto fare questo passo. Ci mancherebbe. O meglio: non nel senso che pensate. Nell’estate del 2006 passai d’incanto, in pochi giorni, dallo scattar foto allo stadio Del Conero di Ancona a un campo dell’hinterland perugino. Senza tribune, con sedie di plastica da picnic a funger da seggiolini e sovrastante un orto con tanto di galline. Senza batter ciglio, perché sono la maglia e i colori che contano, mica la scenografia.
Questo passo è la conseguenza di tante componenti.
In primis il campanello d’allarme del calo di entusiasmo. Un compito tanto impegnativo e per lo più fatto – sempre – gratis, ha bisogno del carburante dell’entusiasmo per mettersi in moto il fine settimana. A prescindere dai risultati questo è stato un campionato da me fatto col serbatoio sempre mezzo vuoto dall’inizio. E non va bene.Poi c’è un fattore fondamentale: la perdita del senso di appartenenza.
Non sentire appartenenza nel calcio è come mangiare una carbonara senza uovo. Semplicemente il calcio non esiste più. E questo vale per tutti gli sport di squadra.
C’ero anch’io in quel gruppo di lavoro di 14 persone che creò una fusione di cui ero convinto, di cui tutti erano convinti, ma che alla lunga non si è dimostrata capace di rispettare l’intento iniziale: l’essere ambiziosi e migliorare sempre di più. Questa era la mission dichiarata al mondo. Questo non è stato rispettato. Di conseguenza, come componente di quel gruppo di lavoro, ma ovviamente a titolo strettamente personale, ho l’umiltà di dire: “Scusate, mi sono sbagliato”. E mi scuso anche per non essere riuscito a crearlo quel senso di appartenenza.
La vita è fatta di passi giusti e di inciampi. La vita è fatta di progetti che all’inizio sembrano vincenti, ma che alla fine non si dimostrano tali. E’ normale.
Una retrocessione in genere non conta nulla, perché il calcio è promozioni e retrocessioni, alti e bassi, ruote che girano.
Però in questo contesto conta molto. A soli tre anni da quella ‘mission’ conta moltissimo. E secondo il mio personalissimo parere significa che il progetto è quasi fallito. Non sto qui ora a enunciare i ‘perché’ e i ‘come’. Sarebbe comunque solo una mia insignificante opinione personale e non è neanche questa la sede giusta per parlarne.Questa è la sede invece per augurare a tutta l’attuale società di rialzarsi presto e riprendersi quanto perso quest’anno. Glie lo auguro, perché all’interno c’è un mondo di volontari che merita tutto il bene del mondo, però per me l’avventura “interna” termina qui. In maniera definitiva.
Tutto finisce. O quasi, perché continuerò a seguire il calcio gualdese come operatore dell’informazione per Gualdo News e quasi sicuramente, quando il tempo me lo concederà, finirò l’opera di restauro del sito gualdocalcio.it, uno dei più vecchi d’Italia, che rinascerà sotto forma di archivio storico.
La recente esperienza con il libro di Daniele Amoni sul calcio gualdese, quel teatro gremito il giorno della presentazione, mi ha convinto ancor di più di quanto conti la nostra storia e di quanto stolto sia chi dice che la dobbiamo dimenticare per guardare avanti. Ma che stupidaggine è questa? Bisogna avere l’intelligenza di guardare avanti con un occhio al passato! Ecco quel che bisogna fare. Per non incorrere negli stessi sbagli e seguire strade che si sono rivelate piene di successo.
Perciò tutto il materiale in mio possesso andrà a riempire quel sito a riposo, ma non impolverato, che giace nei magazzini di internet.Alla fine, in questi casi, si deve esprimere riconoscenza.
Allora dico grazie a tutti coloro che mi hanno dato fiducia in questi anni. A tutti i colleghi che ho conosciuto in oltre dodici anni nei campi e nelle cabine stampa tra serie C, Promozione, Eccellenza e serie D. Grazie in particolar modo agli amici della redazione sportiva dell’ex Giornale dell’Umbria che per prima ha iniziato a pubblicare le mie foto e a volte anche qualche mia cronaca, come sempre fatta più di cuore che di tecnicismi calcistici. Grazie anche per la scuola di giornalismo che è stata.Grazie a tutti coloro che mi hanno dimostrato di sapere quanto conti e quanto lavoro ci sia dietro un ufficio stampa. Ringrazio anche coloro che ancora non sanno che cosa significhi fare l’addetto stampa, perché mi hanno dato la volontà di migliorarmi ancora di più: nell’accoglienza degli amici giornalisti ospiti, nel rappresentare la società nelle trasferte più lontane e nel gestire la stampa locale.
Non faccio nomi per paura di dimenticarne tanti, ma il direttore generale Giuseppe Ascani lo voglio citare. E’ solo per lui che la decisione di lasciare è arrivata con un anno di ritardo. Peppe mi ha detto: “Stai con me un altro anno e poi, se vuoi, lasci”. L’ho fatto, solo per lui, e spero con tutto il cuore di essere stato all’altezza di aver svolto il mio compito anche con entusiasmo dimezzato. L’ho fatto, perchè Peppe è un patrimonio gualdese.
Fare l’addetto stampa in serie D in questi tre anni, è stato ovviamente più difficile e impegnativo che farlo in Eccellenza, ma anche non ovviamente più difficile che farlo in serie C, quando non c’erano i social e la rete non era così esigente come lo è ora. Farlo con poco entusiasmo e con poca passione è dura, quindi è giusto che ora passi il testimone.Lascio tutto con una convinzione suprema: che nonostante mi piaccia fare il birichino con la penna, mai mi sono permesso di scrivere, in tutti questi anni, mezza riga che andasse al di fuori del ruolo di addetto stampa. Se si fa una scelta, questa va sposata fino in fondo ed è quello che ho sempre fatto senza timore di essere smentito. Scrivere essendo al servizio di una società significa seguire un canovaccio già precostituito. Significa limitarsi a raccontare le cose senza commentarle. Significa tenersi dentro sentimenti che giornalisti senza vincoli possono esternare senza un pensiero. Significa scrivere comunicati di esonero freddi come la neve, anche se il cuore dentro ti spinge a scrivere una poesia. E’ dura, ma penso di aver resistito abbastanza bene.
C’è stato addirittura chi ha pensato che dietro certi articoli “cattivelli” della stampa locale – cattivelli si fa per dire, la cattiveria nel giornalismo sportivo è altro – ci sia stato sempre io. Tranquilli: non sono così potente da deviare le menti di colleghi “pensanti” per conto loro.Grazie a tutti gli allenatori, i calciatori piccoli e grandi, i vari staff con cui ho condiviso questa avventura. Grazie ai tifosi. Portatori sani di gualdesità. Gente che ha cavalcato le soleggiate onde del successo, ma che ha saputo anche non affondare nelle tempeste che caratterizzano la storia, non solo sportiva, di questa nostra città. Gente che quando si è fatto leva sull’appartenenza non ha mai mancato gli appuntamenti. Gente che ha ingoiato bocconi amari e che ha sposato tutte le vicende degli ultimi anni, senza però mai perdere la propria identità.
Lascio con la speranza di aver lasciato un segno di professionalità. Perchè essere professionali è molto, ma molto più importante di essere professionisti.